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L'arciere fantasma di Montebello

a cura di Maxim79

 
  
  
   

  Castello di Montebello  (Torriana - Rimini)

a cura di Vale & Maxim79

      

Azzurrina di MontebelloIl castello di Montebello è sicuramente un luogo ricco di emozioni e sensazioni. E' possibile visitarlo sia di giorno che di notte. Ma i due diversi “giri” sono assai differenti fra loro; infatti in quello diurno la guida racconta la storia del castello, delle famiglie che ne hanno avuto il possesso e dei mobili unici lì contenuti; la visita notturna è invece dedicata al mistero e alle leggende legate al posto. La costruzione del castello risulta non semplice, infatti oggi è possibile individuare due distinte parti appartenenti a periodi diversi: la prima parte della visita è nelle stanze rinascimentali mentre la seconda avviene nella parte medievale. Le leggende su quest’ultima sono numerose. Il castello fu costruito sopra ad uno sperone montuoso, per poter rendere più difficile la presa dell’edificio e per permettere, a coloro che lo abitavano, di poter meglio controllare eventuali avvicinamenti da parte di forze nemiche. Il nome “Montebello” deriva da “Mons Belli”, monte della battaglia (proprio perché questa rocca fu protagonista di numerose battaglie). Dal 1186 al 1463 la rocca appartenne alla famiglia dei Malatesta. Successivamente, dal 1464 ne presero possesso i feudatari Guidi di Bagno (tuttora proprietari).

LA VISITA DIURNA

Durante questa visita vengono mostrate le sale prestando attenzione soprattutto all’arredo ed alla storia della rocca. In ogni caso la visita comprende anche l’ascolto delle registrazioni legate alla leggenda che hanno reso famoso il castello di Montebello. Alcune delle sale visitate non vengono però mostrate durante il giro notturno.

LA VISITA NOTTURNA

Dopo una breve e suggestiva introduzione della guida, la prima sala mostrata è il salone centrale delle feste (o almeno si pensa che sia stato questo il suo uso). La sala, come tantissime altre all’interno del castello, è stata ristrutturata; infatti sono presenti dei soppalchi aggiunti negli anni settanta; anche se è probabile che fossero presenti anche prima. Artisti e giocolieri avevano il compito di intrattenere i signori presenti nella sala. Al centro si nota subito un grande tavolo in rovere del primo ‘800. La sua forma è detta a pipistrello, poiché è provvista di due lati pieghevoli che ricordano la forma di questo animale. Secondo medium e sensitivi questa è la stanza con la maggiore concentrazione di energia, perché sotto questa ve ne sono altre, ancora oggi chiuse, che sembra nascondano, sempre secondo loro, incredibili misteri. L’energia di quel periodo è quindi ancora racchiusa tra quelle mura, inviolata. Nel tavolo di cui si parlava sono state svolte numerose sedute medianiche, con medium mandati dal CSP (centro studi parapsicologi di Bologna); durante una di queste sedute, nel 1995, il tavolo si alzò di oltre 50 cm. L’evento venne filmato, così come veniva ripresa ogni seduta. I medium che partecipavano a queste sedute raccontavano di riuscire a mettersi in contatto con le energie di coloro che avevano avuto una morte violenta (se questo fosse vIl borgo Medioevaleero le energie presenti nel castello dovrebbero essere numerosissime, dato che fu sede di svariate battaglie). La sala che viene successivamente mostrata è decisamente più piccola, ma non per questo meno suggestiva. Anche a questo ambiente è legata una storia particolare, vissuta in prima persona da un guardiano del castello. Secondo quanto viene raccontato, il venerdì santo del 1993, mentre il guardiano si apprestava a passare l’aspirapolvere nella sala, e dalla finestra penetrava solo poca luce (dato il cielo nuvoloso), gli sembrò che qualcosa fosse nella stanza. Inizialmente egli non prestò attenzione e continuò il suo lavoro; ma ad uno sguardo più attento notò qualcosa di molto particolare: una figura femminile, dalla trasparenza notevole, con i piedi appoggiati sul soppalco. I lunghi capelli della figura quasi poggiavano a terra, ma stranamente la veste era perfettamente aderente al corpo. Ciò che ci permette di credere che quanto l’uomo racconta non sia solo frutto della sua immaginazione, sono delle impronte di piccoli piedi che tutt’oggi si possono vedere nel soppalco. Una trentina di impronte bianche di un piede che calza un 34-35; sfortunatamente queste impronte vanno diventando sempre meno visibili. Queste sono riapparse anche dopo che la direzione del castello ha deciso di ripulire queste impronte che destavano lo stupore e la curiosità dei visitatori. Ma dopo la quarta volta che queste venivano cancellate, e dopo il loro puntuale riapparire, si decise di non tentare più di “nasconderle”. Ovviamente non mancano i tentativi di spiegare scientificamente tutto ciò: la spiegazione che si fornisce è che esistono dei particolari tipi di legno con una attività di spurgo molto lenta. Quindi, secondo questa spiegazione, quelle impronte, apparterebbero a coloro che restaurarono il soppalco dopo che questo fu danneggiato durante l’ultimo conflitto mondiale (a causa del bombardamento aereo inglese nel tentativo di sconfiggere le truppe tedesche che avevano insediato il castello). Coloro che non accettano questa spiegazione fanno però notare piccoli particolari che, secondo loro, escludono questa soluzione per loro assurda: come può un operaio avere la misura dei piedi che corrisponda ad un 34-35? Questa è la dimensione di un piede di bimbo e non di un uomo. Inoltre le impronte seguono un preciso ordine, l’ordine di una camminata, e non sono distribuiti a caso. Ed infine, osservando attentamente una delle poche impronte ancora visibili, si nota come questa sia disposta tra due assi, e non solo su una. Come possono gli operai aver montato le assi nello stesso ordine della loro camminata, ed in più senza neanche vedere le loro stesse impronte (poiché queste sono apparse solo dopo il lento spurgo del particolare legno)?

LA TAVOLA ISLAMICA

Proseguendo la visita vi troverete in una stanza famosa per la tavola islamica li esposta. Le guide raccontano che non capita di rado che ancor prima di entrare, nella soglia della stanza, molte persone avvertono una strana sensazione: alcuni svengono, altri hanno l’impressione di sapere già cosa ci sia, altri ancora si rifiutano di sostare nella stanza e passano veloci per discendere le scale che portano poi ad uno dagli ultimi ambienti visitabili. E tutto questo è dato dalla presenza di questa tavola che sprigiona, secondo alcuni, una fortissima energia negativa. Cominciamo a parlare del cassone che fa come da “piedistallo” alla tavola. Il cassone è un veneziano del seicento, al quale è stato Foto realizzata dallo Staff durante una recente visita al Castellofissato un dorsale. A dire il vero il dorsale ed il cassone sono due elementi distinti. Ma volendo essere ancor più precisi, dovremmo dire che più che di un dorsale, si dovrebbe parlare di una tavola islamica del XII Sec, portato da uno della famiglia dei Guidi di ritorno dalla prima Crociata. Era stato portato al Castello come bottino di guerra, ma chi lo portava non aveva idea della ricca simbologia esoterica che vi era impressa. Secondo gli psicometristi (coloro che venendo a contatto con un oggetto riescono a ricostruire la sua storia), tale oggetto non dovrebbe neanche essere esposte al pubblico, data la sua enorme carica di energia anche a distanza di mille anni. Tre colori predominano la tavola: il verde di pomi sacri, il rosso di un cielo pieno di stelle d’oro, e l’oro di un baldacchino che racchiude il giardino dell’eden islamico. Il verde dei pomi sacri… il frutto proibito (secondo la cultura cristiana è la mela, mentre per quella islamica è il melograno), in due vasi bicromi quasi simmetrici (ricordiamo che la simmetria è una caratteristica della cultura islamica: ciò che è da una parte è anche dall’altra). Quattro pavoni dalle ali chiuse, anch’essi speculari, quindi otto. Il rosso del cielo…un cielo durante il tramonto, il momento in cui venivano compiuti i riti sacrificali. Ma soprattutto l’oro… l’oro di un baldacchino che racchiude il giardino dell’eden islamico, con al centro una figura femminile. Assolutamente eretico e blasfemo per il corano e l’islam (poiché era vietata la rappresentazione antropomorfa); nei dipinti islamici infatti non possono essere rappresentati animali, uomini o donne. Nella tavola è rappresentata una donna, e per di più in evidente stato di gravidanza. Osservando bene la figura femminile si nota che qualcosa non va nella sua posizione. Le sue gambe sono infatti rovesciate e per di più i suoi piedi sono incrociati; questa posizione impediva il parto. Pare che la tavola servisse per la regolamentazione delle nascite ed era appartenuta a tribù eretiche, che per motivi di sopravvivenza (per le scarse scorte d’acqua e cibo) limitavano le nascite. Per legge non poteva nascere più di un certo numero di bambini in un anno, e se questo non veniva rispettato i bambini semplicemente non nascevano…poiché alle prime doglie la donna veniva fatta stendere sulla tavola, con le gambe rovesciate e le caviglie legate. Alle prime contrazioni il bambino urtava il proprio cranio contro le gambe della madre e moriva. Ma il sacrificio umano che si compieva era duplice, poiché anche la madre moriva; dopo ore e ore di travaglio moriva dissanguata. La giusta punizione, secondo questa tribù, per chi trasgrediva le leggi. Ed è per questo motivo che, per gli psicometristi, la tavola non dovrebbe essere esposta al pubblico…perché la violenza di quei sacrifici umani sembra esser rimasta impressa in quella tavola. La vita e la morte, sopra la tavola, si rincorrono continuamente: la bicromia dei vasi, bianco e nero… giorno e notte, vita e morte; i pavoni che generalmente esprimono regalità, ma che qui si trovano ad ali chiuse; ma soprattutto una donna gravida che è la vita che continua, ed il suo sacrificio sulla tavola che è la morte. Il viso della donna appare calmo, come se fosse ben poco quIl borgo Medioevaleello che gli sta accadendo. Nella tavola è anche riportato il numero del diavolo: il sei; lo si vede al collo della donna, che indossa una collana di sei perle rosse con un pendente. Osservando bene il piccolo ciondolo si nota che questo non è altro che un cuore trafitto. Ma la freccia dell’angioletto quella che trafigge il ciondolo della donna, poiché la direzione è opposta. La piccola figura angelica, così come il manto rosso che copre la nudità della donna, sono elementi aggiunti successivamente. La tavola era considerata blasfema anche per il credo cristiano, ed i Guidi, in possesso di tale oggetto, erano alleati con il Papa. Dalla chiesa avevano ricevuto numerose terre e possedimenti, grazie al contributo che avevano offerto per la vittoria sui Malatesta. Se fossero stati scoperti con questo oggetto sarebbero stati messi tutti al rogo, e tutto il castello messo a ferro e fuoco. I colori della tavola sono molto accesi, questo perché per secoli e stata chiusa, e, attorno al 1600, fissata al dorsale di quel cassone (con l’aggiunta di qualche elemento). In questo modo, se capitava un personaggio scomodo nel castello, il cassone veniva richiuso ed appariva come un semplice arredo del castello. Ma una delle figure più emblematiche della tavola è il cerchio posto al di sopra del baldacchino. Un cerchio che sembra racchiudere tutto un mondo e tutta la cultura islamica.

LA LEGGENDA DI AZZURRINA

Ma la leggenda più famosa legata al castello di Montebello è quella di Azzurrina. Tale leggenda risale al 1375, e narra della scomparsa di una bambina chiamata Azzurrina. In realtà il suo vero nome era Guendalina. Azzurrina era chiamata così poiché ella era albina, ed una volta gli albini erano considerati figli del diavolo. Per proteggerla si tentò di colorarle i capelli con prodotti naturali, ottenuti con resine. Ma gli albini non hanno pigmentazione, per cui i suoi capelli non riuscivano a trattenere il colore; la sola cosa che si otteneva era un leggero riflesso azzurro. Da qui il soprannome Azzurrina. Dato lo scarso successo di questo tentativo, la si rinchiuse a Montebello, costantemente seguita da guardie, di modo che nessuno potesse scoprire il suo albinismo. Un primo documento scritto risale al 1620, chiamato “Mons Belli et Deline”; Montebello e Guendalina. Si hanno quindi quasi tre secoli di leggenda popolare tramandata oralmente. Il testo racconta che il 21 giugno, il solstizio d’estate, 1375, mentre fuori imperversava un forte temporale, e si combatteva una delle innumerevoli battaglie contro la famiglia dei Montefeltro, Azzurrina si trovava in una galleria, seguita da due guardie; giocava con la sua palla di pezza. Ma questa le cadde in quella che era la ghiacciaia. Ovviamente la bambina andò a riprendere il suo gioco, scendendo le scale. Le guardie non se ne curarono, poiché quella che Azzurrina aveva imboccato era l’unica entrata ed uscita. Sarebbe dovuta quindi risalire qualche istante dopo. Ma un urlo agghiacciante, proveniente dalla ghiacciaia, spinse i due armigeri a correre in cerca della piccola, ma questa non fu trovata ne dentro ne fuori il castello. Secondo la leggenda, ogni anno lustro (ovvero che termina con cinque o con zero), il 21 di giugno, il giorno del solstizio d’estate, se fuori vi è un temporale, è ancora possibile sentire il pianto di Azzurrina. Il castello è stato riaperto nel 1989, e nel 1990 si volle tentare di effettuare delle registrazioni, nel tentativo di poter registrare il lamento della bambina. La prima registrazione fu fatta dalla RAI, quasi per caso, durante la ripresa di una trasmissione televisiva girata all’interno del castello. Durante questa registrazione è possibile udire 12 rintocchi di campane; ma nella zona non ve ne sono con un timbro uguale a quello presente nella registrazione. Sul finire della registrazione si ode un forte rumore ripetitivo. Sembrerebbe un battito cardiaca, ma alcuni studiosi hanno riscontrato che sarebbe il battito di una persona con un peso corporeo di circa 90 Kg (non può quindi essere di una bambina). Questa fu la prima volta in cui fu registrata quello che sembra essere il lamento di una bambina che piange. Furono effettuate altre registrazioni oltre a quella del 1990: nel 1995 e nel 2000. Ma non più da tecnici di una emittente televisiva, ma dal CSP (lo stesso centro di studi di parapsicologia che nel periodo invernale svolge le sedute medianiche sempre all’interno del castello). Anche nel tentativo del 1995 appare un grido, il cui timbro è uguale a quello della registrazione precedente. Nelle prime due registrazioni effettuate (1990-1995 ) pioveva; mentre, durante la registrazione del 2000, questo non avvenne. Si pensò quindi che, essendo il temporale un elemento determinante, non sarebbe successo nulla. Ma non fu così…anzi, quella sembra la registrazione più inquietante, proprio perché non vi è il temporale a distrarre l’attenzione dell’ascoltatore, che riesce quindi meglio ad ascoltare quanto inciso. La registrazione fu sottratta al castello e restituita a questo solo dopo varie insistenze nell’aprile del 2001. Anche questa volta è possibile udire una voce che sembra chiamare “mamma” (anche se, a nostro parere, una bambina a quei tempi non chiamava la propria madre come noi, dicendo appunto mamma, ma madre). Ancora una volta il timbro corrisponde a quelli precedenti: quindi per tre volte consecutive, durante queste registrazioni, è stata registrata la voce di una persona, sempre la medesima, nonostante il castello fosse stato chiuso al pubblico (addirittura sigillato da notai) e dotato di microfoni piombati (ovvero microfoni che non possono essere manomessi senza esser danneggiati, che si attivano quanto colgono un rumore sino a quando questo non cessa). Il 21 giugno, sempre il solstizio d’estate, del 2003, si volle provare ad effettuare una registrazione nonostante non fosse un anno lustro. Con sorpresa di tutti, anche questa volta, sembra che sia presente nella registrazione una voce. Attualmente la registrazione non è ancora in possesso del castello, in quanto è ancora oggetto di studi. Ma, secondo alcune guide che hanno avuto modo di sentirla, anche questa volta è possibile udire una voce di bambina, addirittura degli urli. Ed un battito che attribuiscono ad un cuore; ma un piccolo cuore, un cuore di bambino di al massimo 3 anni. Quest’ultima registrazione lascia quindi supporre che l’anno lustro non sia un elemento fondamentale; addirittura alcuni avanzano l’ipotesi che anche il solstizio d’estate non sia caratterizzante (cioè il presunto fenomeno potrebbe secondo loro ripetersi in qualsiasi giorno dell’anno). Nella galleria nella quale vengono fatte ascoltare queste registrazioni è presente un noto quadro, che viene mostrato ogni qual volta si parli della legenda di Azzurrina. Fu dipinto dall’artista riminese Novella Parisini, morta circa 30 anni fa. Nonostante il castello fosse stato aperto solo nel 1989, questo era già oggetto di studi da parte di medium e sensitivi, che chiedevano di poter vivere qualche giorno nel castello. La signora Parisini fu una di quelle persone che visse nel castello per due o tre giorni; raccontò di aver in qualche modo visionato Azzurrina. Disse di essere caduta come in trans e di aver disegnato un centinaio di quadri come quello esposto nella galleria, differenti fra loro solo per le diverse cromature di celeste. Questi suoi dipinti sono da lei firmati Morlin (evidentemente un sFoto realizzata dallo Staff durante una recente visita al Castellouo pseudonimo). In realtà questi dipinti non possono riportare il vero viso della bambina, poiché gli albini hanno gli occhi rossi (mentre nel quadro sono neri), ed inoltre, considerando l’epoca in cui visse Azzurrina, il viso doveva essere notevolmente più scarno di quanto sia riportato nel dipinto.

L’ultimo ambiente visitabile è la prigione del castello: alta un metro e quaranta, era il luogo ove il prigioniero veniva “incaprettato“ (ovvero gli venivano legarti le caviglie ed il collo con una corda unica). Questo veniva fatto far rispettare la legge che vigeva in quel periodo: era infatti vietava la condanna a morte; quindi il castellano ideò
questa tortura per portare i carcerati al suicidio. Nessuno resisteva più di 5 giorni; impazzivano tra i loro escrementi, nel freddo, in quel buco dove entrava poca aria, con topi ed altri insetti gettati dai loro stessi carcerieri. Il suicidio avveniva semplicemente stendendo le gambe, o dando testate contro le rocce che spuntavano dal muro. Anche qui non poche persone raccontano di provare sensazioni forti legate proprio a quel luogo in cui sono avvenute tante morti violente.

NOVITA' REGISTRAZIONI 2003

Azzurrina ha parlato ancora. Questa volta "Daltramontoallalba.it" in anteprima assoluta "Internet" vi informa sul contenuto esclusivo dell’ultima registrazione effettuata nel 2003. Vi avevamo anticipato mesi fà che queste riportavano un battito cardiaco ed un grido. Abbiamo avuto conferma da una guida del castello che effettivamente il grido riscontrato nelle registrazioni coincide con la stessa frequenza riscontrata nelle precedenti registrazioni. Per quanto riguarda il battito cardiaco sembra che sia stato attribuito ad un cuore di un bambino di 3-4 anni. Sempre secondo la guida, se si potessero eseguire delle registrazioni tutto l’anno, sicuramente si riscontrerebbero tantissimi altri fenomeni. E quella che è la "favola di Azzurrina" andrebbe sicuramente ad incrinarsi.

COME ARRIVARE DA BOLOGNA:

IN AUTO: prendete l'autostrada da Bologna fino a Rimini Nord, ovvero Santarcangelo. Quindi raggiungetela cittadina e puntate verso Torriana, troverete le indicazioni, dopo una decina di Km. Troverete ancora la deviazione alla vostra sinistra per Torriana e quindi, dopo aver percorso circa 3 Km troverete il borgo, lo passate e proseguite sempre sulla stessa strada per Montebello, un paio di Km e siete arrivati. Proseguite su fino all'arco dell'entrata al paese, quindi alla vostra sinistra trovate una discesa che conduce al parcheggio.

      

IN TRENO: dalla stazione di Rimini, autobus n.9 fino alla stazione di S.Arcangelo di Romagna, oppure treno regionale fino alla stazione di S.Arcangelo di Romagna. Dalla stazione di S.Arcangelo di Romagna, autobus n.114, la durata del tragitto è di circa trentacinque minuti. Per ulteriori informazioni sugli orari degli autobus telefonare al seguente numero: 0541 300569

    

      

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