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Monastero di Torba (Gornate Olona - Varese)

segnalazione a cura di Luca Martignoni

            

Immerso nei verdi boschi del Varesotto, ai piedi del parco archeologico di Castelseprio, il complesso monumentale di Torba è testimone di una vicenda più che millenaria. Avamposto militare del tardo impero romano, poi in mano ai Goti e ai Longobardi (con torre e cinta difensiva del secolo V e VI), Torba fu quindi pio luogo di preghiera e di lavoro di religiose benedettine (con chiesa dei secoli IX-XIII e sede monastica). Abbandonato dalle monache nel 1453, fu successivamente adibito a cascina rurale. Nella torre sono conservati rari e importanti affreschi della fine dell’VIII secolo. Il torrione del V-VI secolo è un esempio di architettura militare di importanza non comune. I contrafforti e le murature si assottigliano salendo e traducono in forme architettoniche il diminuire degli sforzi sopportati dalle strutture. Nella zona inferiore le aperture sono a feritoia, al secondo piano si aprono invece belle finestre a fungo (cioè con arcata di base più larga della luce della finestra). Superiormente una fascia decorativa in cotto segna l’originale altezza della torre, prima che si costruisse il sopralzo. Il corpo edilizio che ospitava le celle delle religiose e le sale di riunione si alza, verso corte, per due piani e, verso valle, per tre, comprendendo il seminterrato. Verso corte si apre nella muratura un portico a tre arcate, tamponato in epoca contadina per ricavarvi nuovi locali di residenza e recuperato dai restauri del 1977. La sua funzione era quella di offrire un luogo coperto per il riposo dei pellegrini o più semplicemente dei viaggiatori cui, a Torba come in quasi tutti i monasteri Benedettini, veniva offerta ospitalità. La piccola chiesa del monastero è attribuibile prevalentemente al secolo XI, ad eccezione della cripta dell’VIII secolo e della parte absidale che, con il vivace motivo che alterna fasce di ciottoloni e mattoni e la raffinata teoria di archetti pensili, è pienamente ascrivibile al XIII secolo. L’interno della chiesa, ad aula unica, con la copertura a capriate lignee e le pareti intonacate, ha conservato, grazie anche ad un attento restauro, tutta l’originaria semplicità di una struttura povera, medievale, monastica. Il primo piano della torre era adibito a sepolcreto. Negli sguinci delle finestre si conservano tracce di figure ad affresco. Aliberga, monaca dal nome longobardo, è la protagonista dello sguincio destro: era affiancata da una consorella, di cui restano però solo tracce delle mani, e sovrastata da un vescovo di cui resta la sola veste. Al nome citato, tracciato in ocra giallo, è stato poi sovrapposto, in bianco, il nome Casta. I caratteri stilistici fanno riferimento all’VIII secolo, come è confermato anche dal carattere di alcune scritte rilevate da Carlo Bertelli. La sala al secondo piano della torre, utilizzata come oratorio, era completamente decorata con affreschi attribuibili alla fine dell’VIII secolo. Sulla parete ovest si è conservato un gruppo di otto monache. Una fenditura del muro, che lasciava passare l’acqua piovana, ha dilavato i tratti del loro viso, eseguito evidentemente con materiale composto di calce, quindi meno resistente. Solo le due figure all’estremità destra conservano i tratti fisionomici. Quanto resta della raffigurazione delle monache è però arricchito dal raffinato, agile movimento delle mani. Si narra che, in una sera invernale e piovosa, un'auto percorreva la strada che collega Torba a Gornate Olona; giunta nei pressi del monastero di Torba, con la pioggia incessante e tempestosa, il conducente dell'auto intravede all'ultimo momento una sagoma nera che cammina in mezzo alla strada; il guidatore blocca di colpo l'auto per evitare di andarle contro, scende e vede questa figura che, incurante del pericolo corso, prosegue lentamente verso Gornate, l'uomo si fa sentire e lentamente questa sagoma nera si gira e ha un volto, si tratta di una ragazza, infreddolita, senza cappotto, inzuppata d'acqua da capo a piedi; il suo volto è inespressivo, i lunghi capelli neri bagnati le coprono leggermente il viso; l'uomo si avvicina alla ragazza e chiede se ha bisogno di qualche cosa, la ragazza, come uscita da un sonno profondo, con un filo di voce risponde "devo andare a casa, voglio tornare a casa mia" l'uomo, prende subito il suo impermeabile e lo appoggia sulle spalle bagnate della ragazza, la accompagna alla macchina e la fa sedere sul sedile dell'auto. L'uomo corre dalla parte opposta per andare al posto di guida, nell'oscurità intravede le luci deboli di alcune finestre del monastero, uniche luci che illuminano quella strada deserta. Salito in macchina chiede alla ragazza dove la deve accompagnare e lei si limita a dire che deve andare a Gornate; la macchina riparte alla volta di Gornate e, seguendo le istruzioni dettate con debole e tremante voce dalla ragazza, la macchina giunge di fronte al portone di ingresso dove la ragazza, senza aprire bocca, scende e entra in quel portone chiudendolo dietro di se. L'uomo riparte stranito dell'accaduto. Il giorno successivo l'uomo si rende conto di aver lasciato alla ragazza il suo impermeabile e quindi decide di recarsi a casa della ragazza per riprenderselo. Giunto al portone, dopo aver visto che non ci sono campanelli, entra e si ritrova in un cortile con tante porte di ingresso. Si tratta di un cortile con abitazioni fatiscenti, alcune finestre sono rotte, sembrano tutte case disabitate, cammina sotto i porticati per cercare una casa che dia l'impressione di essere abitata; sceglie una porta che, al contrario di tutte le altre non è spalancata e bussa. Dopo qualche istante la porta si apre lentamente, e sbucano i capelli lunghi e grigi di una signora che mestamente chiede al signore chi è e cosa cerca da lei. Il signore risponde che la sera precedente ha accompagnato a quel portone una ragazza alla quale è rimasto il suo impermeabile. La signora risponde stupita e con gli occhi lucidi che è impossibile, che in quella casa non esiste nessuna ragazza da dieci anni, che quella ragazza è morta dieci anni prima travolta da un'auto mentre camminava nei pressi del monastero di Torba per rientrare a casa. Il signore rimane basito e subito pensa di aver sbagliato porta o addirittura portone, sicuramente è così, la sera precedente diluviava e molto probabilmente si è fermato ad un portone che non era quello. Il signore non insiste, ringrazia e si incammina verso l'uscita quando quella donna lo chiama, lui ritorna indietro e la signora dice che se vuole andare a trovare la tomba di sua figlia deve andare al cimitero di Torba e le fa una descrizione meticolosa su come trovare quella tomba, dando nome e cognome della ragazza; il signore ringrazia e e se ne va. L'uomo ha deciso di lasciare stare, tanto si tratta solo di un vecchio impermeabile e ritorna verso casa. Durante il tragitto passa davanti al cimitero di Torba e rallenta quasi come se avesse ricevuto un richiamo. Noncurante rallenta e decide di andare a controllare con i propri occhi, parcheggia l'auto e entra nel cimitero. Seguendo le istruzioni della vecchia signora si dirige verso la tomba da lei indicatale. Era un brutta giornata e non faceva particolarmente freddo per essere inverno, ma, mentre si avvicina alla tomba sale una leggera brezza all'interno di quel cimitero e un forte odore di rose fresche raggiunge il naso dell'uomo; giunto a pochi metri dalla tomba vede il suo impermeabile svolazzare nell'aria e si avvicina con timore a quella tomba. Sulla tomba è applicata la fotografia di quella ragazza alla quale ha dato un passaggio la sera precedente, non si può sbagliare, si tratta proprio di lei, con i capelli lunghi e neri e, sotto la fotografia legge - MACCHI LAURA 1976/1996. L'uomo prende il suo impermeabile e ancora sconvolto da ciò che aveva visto si dirige verso l'uscita, il profumo di rosa si fa sempre più forte, e la leggera brezza è diventata vento, l'uomo si gira e sulla tomba intravede, come una visione mistica, la ragazza della sera precedente in piedi sulla tomba, con i suoi lunghi capelli neri che svolazzano al vento, la ragazza ha un sorriso sul suo volto e solleva una mano come per salutare quell'uomo. Lui ricambia e esce dal cancello, giunto fuori dal cancello il vento cessa di colpo e quel profumo di rosa svanisce dall'aria.

              

                   

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