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Grotta dei Colombi (Cagliari)

a cura del Gruppo Speleo-Archeologico Cavità Cagliaritane

           

Ringraziamo il Gruppo Speleo-Archeologico Cavità Cagliaritane  per averci concesso l'autorizzazione alla pubblicazione di questo articolo. Questa leggenda è stata scritta, dopo affiatate indagini prive di fantasie d'autore da Marcello Polastri, ed è contenuta nel libro di M. Polastri dal titolo "Cagliari la città sotterranea", Sole Edizione, Cagliari, 2001; e articolo di M. Polastri "La Sardegna nella leggenda" pubblicato sulla rivista "In Sardegna",
Artigianarte editrice, estate 1997.

     

Una delle più interessanti leggende cagliaritane riguarda la Grotta dei Colombi situata alle pendici del colle Sant'Elia, nei pressi della fantastica insenatura di Cala Fighera. Il nome della cavità che probabilmente è il più grande antro naturale presente in città, trae origine dai colombi e dai piccioni che ancor oggi, in gran quantità, nidificano all'interno. Essendo accessibile solo via mare, con l'ausilio di una piccola imbarcazione, veniva prediletta dai pescatori della zona e in particolar modo dai cacciatori che andavano a prendere i volatili. E' noto che nel 1800 la grotta è stata evitata a lungo perché considerata il nascondiglio di uno spettro maligno chiamato Dais. Il Dais, secondo avvenimenti realmente accaduti e documentati dalla cronaca, era un uomo che venne assassinato misteriosamente da brutti personaggi che poi, tra l'ingresso della cavità e l'acqua marina, abbandonarono il corpo sanguinante. Naturalmente l'anima di colui che perde la vita per morte violenta non può riposare in pace. Il lugubre lamento della vittima si è perciò fatto sentire a lungo tra le tenebre dell'antro e le circostanti acque, rievocando così l'assassinio e incutendo terrore in coloro che dal mare, scorgevano l'ingresso della cavità. Tuttavia una spietata vendetta è la spiegazione di questo raccapricciante fatto storico che qualche tempo prima, precisamente tra il 1794 e il 1795, vide lo stesso Dais uno dei maggiori organizzatori di tumulti popolari che cessarono con l'uccisione dei Cavalieri Girolamo Pitzolo e Gavino Palliaccio, creduti dal volgo: "infami traditori".

        

                   

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