Giovanni
Princi, meglio conosciuto come il "Rosso della Paola", morì il 16 dicembre 1922 nel Carcere del Castello dei Vicari di Lari. Il giovane bracciante agricolo di quarantuno anni
era figlio di Luigi Princi e Paola Giannessi. Ancora scapolo, fu tradito dalla sua avversione al regime fascista. Varie sono le azioni, mai particolarmente violente, da lui
condotte contro i fascisti di cui la tradizione orale larigiana ha ancora memoria. Fu proprio una di queste a farlo arrestare e condurre nel carcere di Lari dove sarà sottoposto ad interrogatorio. Era il 15 dicembre 1922 quando il Princi oltraggiò un gerarca del regime fascista. Che cosa sia avvenuto quella notte tra il 15 ed il 16 dicembre del 1922 è ancora avvolto da fitto mistero. Di certo c'è che il mattino seguente il "Rosso" fu portato cadavere alla propria abitazione. Secondo la versione ufficiale dell'autorità fascista il Princi si era impiccato all'inferriata della propria cella, la numero cinque; quindi si trattava di suicidio. Sebbene tale versione non fosse molto credibile, i familiari preferirono non indagare, dato il clima dell'epoca. Ma già in paese, nei consueti ritrovi tra una partita a carte ed un bicchiere di vino, le voci e le diverse versioni si inseguivano l'un l'altra. L'avanzare del regime fascista, la guerra ed il trascorrere del tempo portarono a dimenticare questa tragica storia. Chiuso il carcere nel 1962, l'ex guardiano Annibale Badalassi e famiglia continuarono ad abitare la struttura e affermavano che ogni anno la notte del 15 dicembre, sul castello gravava l'anima
inquieta del "Rosso". Forte vento, sibili, sbattiti di porte e rumori di catene rendevano l'atmosfera davvero inquietante e terrificante. Tant'è che la moglie dell'ex-guardiano terrorizzata, quella sera proibiva al marito di andare al bar affinchè restasse in casa con lei. Molte sono le testimonianze di coloro che affermano di essere testimoni di fatti inspiegabili. R. B., inquilino del Castello sino al 1990, afferma di aver visto una notte mentre rientrava a casa un gatto nero, subito dopo udì un sibilo sinistro e vide un'ombra, alta quando un uomo, dileguarsi velocemente nell'oscurità. Un'operaia comunale, pochi anni fa, mentre si trovava nel castello per fare delle pulizie, vie in prossimità della sala del Tribunale, un uomo che, avvolto da una strana nebbia, attraversava velocemente le pareti. Tuttora S.N. persona capace di sentire determinate presenze e frequentatrice del Castello per motivi di lavoro, afferma di aver avvertito più volte la presenza del "Rosso" nel Castello ed in particolare in prossimità della cisterna. Tale persona è stata in grado di "parlare" con Giovanni (il "Rosso") e quindi di sapere con una certa sicurezza cosa avvenne quella lontana notte del 1922. Secondo questa testimonianza, il Princi, dopo essere stato tradotto nel carcere, fu sottoposto ad un duro interrogatorio, nel quale date le percosse, trovò la morte. Quindi si trattò di omicidio e non di suicidio. Per rivendicare l'ingiusta sorte, l'anima inquieta del "Rosso" si fa sentire nelle prigioni del castello, da determinate persone, la notte tra il 15 ed il 16 dicembre.
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"L'anno millenovecentoventidue addì 16 di Dicembre a ore 11 e minuti 30 avanti a me Avv. Renato Melani segretario delegato con atto del Sindaco in data 22 giugno millenovecentoventidue debitamente approvato ufficiale dello stato civine del comune di Lari, sono comparsi Badalassi Annibale di anni quarantadue impiegato domiciliato in Lari e Garzetti Pietro di anni trentanove donzello domiciliato in Lari i quali mi hanno dichiarato a ore 7 e minuti 30 di oggi nella casa posta in Lari al numero... è morto Giovanni Princi di anni quarantuno bracciante e residente in Lari nato in Lari da fu Luigi e Giannessi Paola atta a casa e domiciliata in Lari,
celibe. (..)A quest'atto sono stati presenti quali testimoni Romoli Francesco di anni ventitre, agente agrario e Cammilli Vittorio di anni trentadue, falegname entrambi residenti in questo comune. Letto il presente atto a tutti gli intervenuti lo hanno questi meco firmato".
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