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I Grandi Nemici di Roma Antica
Philip Matyszak

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Il supplizio dello squartamento (Supplizio dei traditori)
a cura di Laura Quattrini

Fra i Romani vi fu un solo esempio di questo supplizio, sebbene ve ne siano state tracce anche presso altri popoli. Si tratta della pena subita da Mezio Suffezio, sotto il regno di Tullio Ostilio. Ferveva la guerra tra Roma e Fidene e da ambe le parti si combatteva con ugual coraggio, quando la sorte dopo una giornata di sanguinosissima lotta parve andare in favore delle insegne romane. Il dittatore degli Albani, Mezio Suffezio (o Fuffezio), che trepidando, senza muovere il suo carro, aveva seguito con incertezza, ma inerte, le sorti della zuffa, vedendo i Fidentini piegarsi e retrocedere sotto l'impeto crescente delle legioni romane che li incalzavano con le spade corte alle reni gettando il loro tradizionale "barrito", comprese ormai a chi sicuramente sarebbe andata la vittoria. E senz'altro, spinti a corsa veloce i due bianchi cavalli che trascinavano il suo carro, si gettò all' inseguimento dei Fidentini, animosamente e gagliardamente menando le mani. Ma non era sfuggito ai duci Romani il subdolo oscillare di Mezio fra luna e l'altra fazione e il rimanere inoperoso alla testa dei suoi Albani prima che i Romani chiaramente prendessero sopra i nemici un sopravvento deciso e sicuro. Della cosa, a battaglia terminata e vittoria conseguita, fu informato il re Tullio Ostilio, il quale arse di collera. Spillarono le trombe a parlamento e le armate d'Alba e di Roma si radunarono, le armi al piede, intorno al vasto campo che era stato teatro del loro valore. Di fronte ai valorosi soldati era stato eretto il podio sul quale il Re salì accompagnato dai suoi littori. Mezio Suffezio, spogliato delle sue armi e caricato di catene, venne fatto scendere in campo e fu condotto immediatamente alla presenza dei notabili e del Re. Tullio Ostilio così lo apostrofò: "Mezio Suffezio, se tu potessi imparare ancora a tener fede ai patti delle alleanze, io ti lascerei vivere per ricevere da me questa lezione; ma la perfidia è un male invincibile! Che dunque il tuo supplizio insegni agli uomini a credere alla santità delle leggi che tu hai violato. Così, come tu hai diviso il tuo cuore fra Roma e Fidene, al modo steso il tuo corpo sarà diviso e i suoi pezzi dispersi" Dopodichè ebbe luogo il supplizio che molti storici dicono essere stato eseguito col mezzo di due alberi curvati e quindi lasciati liberi violentemente asportando in aria le membra del condannato divise in due. Invece l'autorità di Tito Livio ce lo descrive in modo ben diverso. Ecco come scrive lo storico latino, nel suo stile conciso: "Si fanno avvicinare due carri, trainati ciascuno da quattro focosi cavalli, e Tullio fa legare Mezio con una gamba ed un braccio ad ognuno dei carri. Quindi i cavalli, incitati dagli aurighi, si slanciano rapidi in opposte direzioni trascinando con se ognuno metà del corpo lacerato e sanguinoso del traditore. Tutti torcon lo sguardo dall'orrendo spettacolo". Questo fu il primo ed ultimo esempio, fra i Romani, di un supplizio il quale trasgrediva ogni umana legge. E' anzi per i Romani un titolo di gloria quello di aver sempre preferito dei castighi meno crudeli. Il supplizio dello squartamento oltre che nel caso dell'assassino di Enrico IV, si ritrova anche in qualche altro punto della storia ma rarissimamente. In ogni caso è interessante citare il capo dei Goti, Amanarico, il quale con invenzione diabolica, degna dei più geniali torturatori spagnoli, immaginò per punire meglio un disertore e per spandere un salutare terrore nel rimanente delle sue truppe, di fare subire l'orrendo supplizio alla moglie del reo. La giovane donna dunque, secondo un cronista dell'epoca, in presenza dell'esercito riunito, sotto gli occhi del marito in ceppi, venne spogliata nuda, e le sue membra, braccia e gambe, vennero attaccate alle lunghe code di quattro cavalli selvaggi; questi, incitati, partirono di carriera sfrenata, riducendo in cruenta poltiglia quelle membra che erano state l'ammirazione e l'invidia dei compagni d'arme del Goto disertore, il quale, sciolto dai suoi lacci, impazzì dalla disperazione e dal terrore.