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La Pena di Morte nel Mondo
Ass. "Nessuno tocchi Caino"

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la pena di morte
a cura di Laura Quattrini

La pena di morte è stata, fin da tempi di cui le date si perdono nel caos oscuro della storia primordiale, adottata da TUTTI i popoli. Basta leggere la Bibbia per formarsi un'idea della frequenza con cui la applicavano gli Ebrei, nei quattro metodi da loro inventati: impiccamento, decapitazione, strangolamento e soprattutto lapidazione. L'Areopago, il Tribunale Ateniese, sentenziava all'aria aperta e non conoscevano che due modi di castigo:l'ammenda e la morte. Piano piano, le leggi di Solone vennero modificate; si aggiunse fra le pene il "marchio d'infamia", che si applicò inizialmente agli schiavi fuggitivi. Poi fu inventata la "colonna infame" sulla quale veniva scritto il nome e il delitto del condannato; e si adottarono i ferri e la catena, complicati da un giogo di legno nel quale si incastrava il collo del colpevole, giogo che si ritrova in Cina sotto il nome di "Canga". Inoltre ad Atene esisteva la pena di morte per mezzo del veleno, per lo più cicuta, di cui il condannato doveva pagare il prezzo! Inutile citare la morte di Socrate e quella di Focione, avvenute in tal modo. Per gli schiavi esistevano poi le pene speciali della crocifissione e del "baratro", un precipizio guarnito di punte taglienti, nel quale venivano gettati. Inoltre, tanto per gli schiavi, come per i liberi cittadini, per gravi delitti, si applicava il "lubifragium" e il "crucifragium" che non erano altro che due modi differenti di fracassare le ossa dei colpevoli a colpi di clava. Infine, specialmente per i traditori, si adottava il crudele supplizio dell'accecamento, che consisteva nel togliere alle pupille la facoltà visiva facendo passar loro davanti un bacino arroventato. In Roma ugualmente si adoperava la decapitazione con la scure e con la spada, la crocifissione, la fustigazione, la sepoltura da vivi e la sommersione che si adoperava solamente per i parricidi (coloro che uccidevano un membro della propria famiglia). Il colpevole di tale delitto veniva rinchiuso nudo in un sacco di cuoio con una vipera, un gatto e un cane, e collocato sopra un carro trainato da bovi neri. Il carro si recava in mezzo agli insulti del popolaccio e si recava al Tevere dove il triste sacco era precipitato alle onde. Le sepolte vive erano per lo più vestali colpevoli d'aver rotto i voti della castità, mentre la negligenza nel custodire il fuoco sacri si puniva con la frustatura. I Romani, secondo la legge delle XII tavole, punivano gli incendiari con il fuoco, dopo averli flagellati. Ricordiamo la varietà spaventosa dei tormenti inventati dagli Imperatori durante la persecuzione dei cristiani. Nerone li accusò, nel 64, di avere incendiato Roma e li abbandonò alla furia delle belve feroci, compiacendosi di raffinatezze, come quella di farne cucire un gruppo nella pelle di bestie morte di fresco e abbandonarli ai cani perchè li dilaniassero e li divorassero. Durante tale spaventoso spettacolo l'Imperatore rideva in maniera che lungo le paffute gote, dicono gli storici, scendevano le lacrime. Altri cristiani furono crocifissi, altri ben coperti di pece e di ragia vennero fatti servire da torce in festini neroniani. San Pietro fu fatto crocifiggere da Nerone a testa in giù. La seconda persecuzione fu quella di Domiziano, nel 93. Questo Imperatore adottava in generale l'olio bollante. La terza, condotta sotto Traiano, nel 107 segnò il martirio del dotto vescovo Ignazio. Marco Aurelio ordinò la quarta persecuzione nel 162 , nella quale perirono il filosofo San Giustino, l'arcivescovo si Smirne San Policarpio e San Potino. La quinta, la sesta e la settima, insanguinarono Roma sotto gli Imperi di Settimio Severo, di Massimino e di Decio nel 202, 245 e nel 250. Nel 256 ebbe luogo l'ottava per ordine dell'imperatore Valeriano il quale fece perire San Lorenzo, arrostito vivo sopra una graticola di ferro. Aureliano comandò la nona nel 172 e Diocleziano la decima che fu la più tremenda di tutte. Venne chiamata addirittura "Era dei martiri"! Le prigioni rigurgitavano di condannati, le fiere del Circo Massimo non riposavano un istante. I cristiani venivano accecati con ferri roventi e con calce viva bagnata con l'aceto. I fanciulli erano lacerati con le loro madri, spogli di ogni vestimento, a colpi di verghe, crocifissi, posti su cavalletti, dati in pasto ai cani e ai maiali. Si attaccavano i martiri a due alberi piegati e così furono squartati dai cavalli Mezio Suffezio e, a Parigi moltissimi secoli dopo, l'assassino Ravaillac. Molte donne, poste completamente a nudo, venivano attaccate agli alberi per i piedi e lasciate morire angosciosamente in questa posizione dolorosa e ignominiosa. Tutte le provincie dell'Impero, per molti mesi ininterrottamente, misero in opera i loro supplizi caratteristici. La Scure in Arabia, il Piombo fuso in Cappadocia, la Ruota nel Ponto, il Fuoco nella Mesopotamia. Volcano Gallicano, il biografo di Avidio Cassio, ci ha lasciato la descrizione di un rogo colossale alto centoventiquattro piedi, sul quale vennero legati, a diversi strati, l'uno sull'altro, varie centinaia di cristiani, e lasciati così consumare dalle fiamme ardenti. Furono, anche contro i cristiani, adoperate spessissimo le ruote e la sega che separava il corpo in due parti, per il lungo. E infine i Romani inventarono, contro le donne, la mostruosa Estirpazione degli intestini. La donna, nuda, era gettata a terra e le si apriva il ventre che veniva riempito d'orzo. Allora si facevano venire dei maiali affamati, i quali divoravano orzo e intestini. I Persiani facevano soffocare i condannati sotto mucchi di cenere, gli Egiziani facevano sopportare ai delinquenti di reati comuni la penitenza d'Origene. Le donne adultere erano violentemente frustate e si estirpava loro il naso perchè ne rimanesse menomata la bellezza. Gli Africani, e specialmente i Cartaginesi, facevano schiacciare i rei sotto le zampe degli elefanti e arrostivano i fanciulli nel corpo di bronzo del Dio Baal. Falaride, tiranno di Agrigento, fece arrostire vivo in un bove di bronzo lo scultore Perillo che lo costruì perchè lo provasse per primo, espiando in questo modo orrendo la sua diabolica invenzione. Narra la mitologia che i ruggiti dell'uomo arrostito vivo in quel simulacro di bronzo fossero ripercossi e ripetuto dalle cavità del bronzo in modo da imitare alla perfezione il muggito di un toro.