La pena di morte è
stata, fin da tempi di
cui le date si perdono
nel caos oscuro della
storia primordiale,
adottata da TUTTI i
popoli. Basta leggere la
Bibbia per formarsi
un'idea della frequenza
con cui la applicavano
gli Ebrei, nei quattro
metodi da loro
inventati: impiccamento,
decapitazione,
strangolamento e
soprattutto lapidazione.
L'Areopago, il Tribunale
Ateniese, sentenziava
all'aria aperta e non
conoscevano che due modi
di castigo:l'ammenda e
la morte. Piano piano,
le leggi di Solone
vennero modificate; si
aggiunse fra le pene il
"marchio d'infamia", che
si applicò inizialmente
agli schiavi fuggitivi.
Poi fu inventata la
"colonna infame" sulla
quale veniva scritto il
nome e il delitto del
condannato; e si
adottarono i ferri e la
catena, complicati da un
giogo di legno nel quale
si incastrava il collo
del colpevole, giogo che
si ritrova in Cina sotto
il nome di "Canga".
Inoltre ad Atene
esisteva la pena di
morte per mezzo del
veleno, per lo più
cicuta, di cui il
condannato doveva pagare
il prezzo! Inutile
citare la morte di
Socrate e quella di
Focione, avvenute in tal
modo. Per gli schiavi
esistevano poi le pene
speciali della
crocifissione e del
"baratro", un precipizio
guarnito di punte
taglienti, nel quale
venivano gettati.
Inoltre, tanto per gli
schiavi, come per i
liberi cittadini, per
gravi delitti, si
applicava il "lubifragium"
e il "crucifragium" che
non erano altro che due
modi differenti di
fracassare le ossa dei
colpevoli a colpi di
clava. Infine,
specialmente per i
traditori, si adottava
il crudele supplizio
dell'accecamento, che
consisteva nel togliere
alle pupille la facoltà
visiva facendo passar
loro davanti un bacino
arroventato. In Roma
ugualmente si adoperava
la decapitazione con la
scure e con la spada, la
crocifissione, la
fustigazione, la
sepoltura da vivi e la
sommersione che si
adoperava solamente per
i parricidi (coloro che
uccidevano un membro
della propria famiglia).
Il colpevole di tale
delitto veniva rinchiuso
nudo in un sacco di
cuoio con una vipera, un
gatto e un cane, e
collocato sopra un carro
trainato da bovi neri.
Il carro si recava in
mezzo agli insulti del
popolaccio e si recava
al Tevere dove il triste
sacco era precipitato
alle onde. Le sepolte
vive erano per lo più
vestali colpevoli d'aver
rotto i voti della
castità, mentre la
negligenza nel custodire
il fuoco sacri si puniva
con la frustatura. I
Romani, secondo la legge
delle XII tavole,
punivano gli incendiari
con il fuoco, dopo
averli flagellati.
Ricordiamo la varietà
spaventosa dei tormenti
inventati dagli
Imperatori durante la
persecuzione dei
cristiani. Nerone li
accusò, nel 64, di avere
incendiato Roma e li
abbandonò alla furia
delle belve feroci,
compiacendosi di
raffinatezze, come
quella di farne cucire
un gruppo nella pelle di
bestie morte di fresco e
abbandonarli ai cani
perchè li dilaniassero e
li divorassero. Durante
tale spaventoso
spettacolo l'Imperatore
rideva in maniera che
lungo le paffute gote,
dicono gli storici,
scendevano le lacrime.
Altri cristiani furono
crocifissi, altri ben
coperti di pece e di
ragia vennero fatti
servire da torce in
festini neroniani. San
Pietro fu fatto
crocifiggere da Nerone a
testa in giù. La seconda
persecuzione fu quella
di Domiziano, nel 93.
Questo Imperatore
adottava in generale
l'olio bollante. La
terza, condotta sotto
Traiano, nel 107 segnò
il martirio del dotto
vescovo Ignazio. Marco
Aurelio ordinò la quarta
persecuzione nel 162 ,
nella quale perirono il
filosofo San Giustino,
l'arcivescovo si Smirne
San Policarpio e San
Potino. La quinta, la
sesta e la settima,
insanguinarono Roma
sotto gli Imperi di
Settimio Severo, di
Massimino e di Decio nel
202, 245 e nel 250. Nel
256 ebbe luogo l'ottava
per ordine
dell'imperatore
Valeriano il quale fece
perire San Lorenzo,
arrostito vivo sopra una
graticola di ferro.
Aureliano comandò la
nona nel 172 e
Diocleziano la decima
che fu la più tremenda
di tutte. Venne chiamata
addirittura "Era dei
martiri"! Le prigioni
rigurgitavano di
condannati, le fiere del
Circo Massimo non
riposavano un istante. I
cristiani venivano
accecati con ferri
roventi e con calce viva
bagnata con l'aceto. I
fanciulli erano lacerati
con le loro madri,
spogli di ogni
vestimento, a colpi di
verghe, crocifissi,
posti su cavalletti,
dati in pasto ai cani e
ai maiali. Si
attaccavano i martiri a
due alberi piegati e
così furono squartati
dai cavalli Mezio
Suffezio e, a Parigi
moltissimi secoli dopo,
l'assassino Ravaillac.
Molte donne, poste
completamente a nudo,
venivano attaccate agli
alberi per i piedi e
lasciate morire
angosciosamente in
questa posizione
dolorosa e ignominiosa.
Tutte le provincie
dell'Impero, per molti
mesi ininterrottamente,
misero in opera i loro
supplizi caratteristici.
La Scure in Arabia, il
Piombo fuso in
Cappadocia, la Ruota nel
Ponto, il Fuoco nella
Mesopotamia. Volcano
Gallicano, il biografo
di Avidio Cassio, ci ha
lasciato la descrizione
di un rogo colossale
alto centoventiquattro
piedi, sul quale vennero
legati, a diversi
strati, l'uno
sull'altro, varie
centinaia di cristiani,
e lasciati così
consumare dalle fiamme
ardenti. Furono, anche
contro i cristiani,
adoperate spessissimo le
ruote e la sega che
separava il corpo in due
parti, per il lungo. E
infine i Romani
inventarono, contro le
donne, la mostruosa
Estirpazione degli
intestini. La donna,
nuda, era gettata a
terra e le si apriva il
ventre che veniva
riempito d'orzo. Allora
si facevano venire dei
maiali affamati, i quali
divoravano orzo e
intestini. I Persiani
facevano soffocare i
condannati sotto mucchi
di cenere, gli Egiziani
facevano sopportare ai
delinquenti di reati
comuni la penitenza d'Origene.
Le donne adultere erano
violentemente frustate e
si estirpava loro il
naso perchè ne rimanesse
menomata la bellezza.
Gli Africani, e
specialmente i
Cartaginesi, facevano
schiacciare i rei sotto
le zampe degli elefanti
e arrostivano i
fanciulli nel corpo di
bronzo del Dio Baal.
Falaride, tiranno di
Agrigento, fece
arrostire vivo in un
bove di bronzo lo
scultore Perillo che lo
costruì perchè lo
provasse per primo,
espiando in questo modo
orrendo la sua diabolica
invenzione. Narra la
mitologia che i ruggiti
dell'uomo arrostito vivo
in quel simulacro di
bronzo fossero
ripercossi e ripetuto
dalle cavità del bronzo
in modo da imitare alla
perfezione il muggito di
un toro. |