La schiavitù, quello
stato di "abbruttimento"
degli esseri umani che
ha generato nell'uomo
più forte l'abitudine di
percuotere il più
debole, tranne che
presso gli Ebrei, fu
ovunque crudelissima. La
legge "Porcia" esentò
ogni libero cittadino
romano da questa pena
corporale, che vedremo
tuttavia applicata alle
vestali e più tardi a
dei liberi cittadini.
Anche i soldati romani
andavano sottoposti alla
pena delle verghe. Del
resto per mantenere la
disciplina nelle file i
Romani usavano dei
detestabili tormenti.
Sul libro sui "Supplizi
militari" di Stephane
Arnoulin, edito dal
Carrington di Parigi e
illustrato dal celebre
pittore di battaglie
Raimondo Desvarreux,
possiamo leggere una
splendida descrizione
della severità
nell'esercito romano:
"L'Ufficiale romano, il
semplice centurione, son
talvolta rappresentati
con in mano una
bacchetta. E' un tralcio
di vite con cui vengono
battuti i soldati per
colpe lievi. Questa
punizione nulla ha
d'infamante: è un
semplice e pure castigo,
benchè proporzionato al
temperamento di chi lo
amministrava". Tacito
cita il caso di un
centurione di nome
Lucilio il quale dai
soldati era stato
soprannominato
"Un'altra" perchè
stroncava regolarmente
la prima verga al primo
colpo e ne chiedeva
un'altra e poi un'altra
ancora. In Inghilterra
si diceva, ricordando
gli anni di scuola £ai
tempi in cui ero
sottoposto alle verghe,
under the rod"; in
Francia si diveca
ironicamente del ragazzo
che si recava a scuola :
"egli va a sculacciare
il maestro"; "il va
fesser la maìtre; a Roma
così si diceva del
soldato sotto le armi
che combatteva sotto il
sarmento "sub vite
proeliari", perchè il
graduato non si poteva
servire di altro legno
che non fosse di vite.
Si è detto che in virtù
della legge Porcia e
Semprinia era proibito
di battere con le verghe
un cittadino romano e
perciò molti storici
credettero che le verghe
non uscissero dagli
accampamenti. Invece è
semplicemente questione
di distinguere tra il
castigo o "castigatio"
applicato col sarmento e
le bastonature o "fustigatium"
che spesso aveva per
conseguenza la morte.
Questo supplizio era
riservato al soldato che
disertava, di notte, la
fazione. Questa è la
descrizione lasciataci
da Polibio:
"Un tribuno prende un
bastone e non fa che
toccare il condannato;
ma subitodopo tutti i
legionari lo colpiscono
a legnate e a sassate e
l più delle volte egli
muore in mezzo
all'accampamento. Del
resto chi sopravvive è
un uomo rovinato. Egli
non può ritornare in
patria, nessun amico può
riceverlo in casa sua.
Lo stesso supplizio è
riservato all'ufficiale
subalterno e al
capomanipolo se l'uno e
l'altro non scambiano in
tempo gli ordini. Egli è
così che la sentinella
si monta con uno
scrupolo meravigliosa.
Il tribuno dispensa a
modo suo i castighi, le
ammende, i colpi di
verghe e i prefetti
hanno il medesimo
potere. La bastonatura è
inflitta a chiunque rubi
nell'accampamento, ai
falsi testimoni, a chi
abusa del propri o
corpo, a chi, tre volte,
venga punito per il
medesimo fallo. I Romani
puniscono tutte queste
colpe come altrettanti
delitti. Essi riguardano
ugualmente come una
vigliaccheria e come una
vergogna per un soldato
il vantarsi falsamente
presso i tribuni d'un
atto di coraggio per
ottenere qualche
ricompensa, di
abbandonare per un poco
il posto assegnato e di
perdere un'arma nella
mischia. Così la maggior
parte dei soldati romani
si espongono ad una
morte certa a non temono
di tenere testa a molti
nemici, piuttosto che
abbandonare il loro
posto, per paura del
castigo che li aspetta.
Taluni, quando hanno
abbandonanta qualcuna
delle loro armi, si
slanciano nel folto dei
nemici, sia per
recuperare quello che
hanno perso, sia per
sfuggire con la morte ad
una vera vergogna e
all'eterno disprezzo dei
suoi concittadini".
Quando il fatto era
stato commesso invece da
una quantità di soldati,
non potendo far
bastonare e morire tutti
i colpevoli, i Romani
ricorrevano ad un mezzo
egualmente efficace e
terribile detto "la
decimazione". Il tribuno
radunava la legione e
faceva comparire davanti
a sè i disertori che
rimproverava
acerbamente; quindi
tirava a sorte fra tutti
quei vili cinque, otto,
dieci, venti colpevoli,
secondo il numero,
sempre in modo da
estrarre uno su dieci e
quelli erano condannati
alla scure, al bastone o
al bando. Allo stesso
mezzo ricorse Napoleone
I come si può vedere dal
suo proclama emanato a
Bautzen il 10 settembre
1813. Ma tornando alla
flagellazione, oltre i
romani abbiamo visto che
essa era importata
presso altri popoli.
Diffusissima in Cina, vi
si pratica ancora; i
Greci e i Macedoni la
usarono. Pio VII
ordinava agli Ebrei di
ascoltare la predica
sotto la pena della
fusta; ma di queste
scene a tempo dei Papi
ne vedremo altre in
futuro. In Spagna il
costume importato dal
Inquisizione rimase
lungamente. Il
Inghilterra, dove si
adopera ancora fino al
1825 era regolarmente
adoperata per chi non
poteva pagare piccole
ammende e
contravvenzioni. I
marinai e i soldati
dell'Impero britannico
subirono tuttavia questo
castigo infamante. I
grandi avversari degli
Inglesi, i Boeri,
adottarono quel sistema
durante la guerra coi
traditori. Essi li
uccidevano a colpi di "scheimbock".
In Prussia e in Alemagna
si applicava la "sclague"
e la fustigazione. La
sclague era una
bastonatura che si
amministrava
privatamente nelle
prigoni o in un luogo
dove il pubblico non
poteva penetrare e non
la amministrava il boia,
ma l'usciere del
tribunale. Federico II
legnava le dame e i
preti e i suoi ufficiali
bastonavano i soldati.
La fustigazione invece
aveva luogo in pubblico,
sia per le via della
città, sia sopra un
palco; nel quale ultimo
caso il numero dei colpi
essendo stabilito
precedentemente, minori
erano i pericoli a cui
si esponeva l'infelice
condannato. In Alemagna
si usava anche applicare
la "tortura Bamberg"
com'era chiamata, e che
consisterva nel
fustigare il paziente
nudo o legato su un
cavalletto di legno, col
mezzo di una frusta di
cuoio intrecciato che
portava via i lembi di
carne, facendo sprizzare
il sangue e mettendo a
nudo le ossa. Tale
tortura, secondo De
Valmondois, che ha fatto
uno studio profondo
sopra i castighi presso
i vari popoli, poteva
essere ripetuta più
volte. Nel XIII e XIV
secolo troviamo la
flagellazione e la
bastonatura impiantate
in Francia. Anche qua
abbiamo due categorie
diverse di castighi.
Quello che si applica
all'interno delle
prigioni e quello che si
applica privatamente.
Per lo più il paziente
era attaccato dietro una
carretta, nudo fino alla
cintola, e ad ogni
crocicchio indicato,
riceveva sulle spalle
dalle mani del boia
armato di un fascio di
verghe, il numero di
colpi segnati
sull'ordine di arresto.
Luigi XII ordinò che i
giovanetti bestemmiatori
fossero pubblicamente
frustati. Enrico IV
(1601) e Luigi XIV
(1669) ordinarono che
per le colpe leggere i
gentiluomini pagassero
un'ammenda e i plebei
venissero invece
pubbliamente flagellati.
I signori dei feudi
facevano impunemente
battere i loro vassalli;
così l'atuore dell'"Henriade",
Voltaire, fu per una
parola frizzante mezzo
fracassato a colpi di
bastone per ordine del
Cavaliere di Rohan, che
nel novembre del 1674 fu
condannato a morte e
subì la sentenza per
avere formato un
complotto col suo amico
De Lautremont allo scopo
di lasciare la Normandia
in balìa della flotta
olandese. Il periodo più
curioso della
flagellazione in Francia
sarebbe stato segnato
dalla famosa setta
medievale dei
Flagellanti. Fu una
continua persecuzione,
specialmente contro le
donne, verso le quali
più si accaniva la furia
dei fustigatori. Essi le
raggiungevano in mezzo
alla strada, se ne
impadronivano, anzavano
loro le sottane e le
frustavano sulle parti
posteriori, senza pietà!
Vennero frustate così
monache, dame di qalità,
borghesi, ecc. Le suore
dell'Hotel de la Nation
(Hotel Dieu), narra De
Valmondois, accusate dal
cittadino Varlet del
club dei Giacobini
d'aver fatto
segretamente celebrare
una messa per l'anima
del tiranno e di aver
nascosto nel chiostro un
prete refrattario,
vennero abbandonate a
una banda di operaie.
Queste scavalcarono le
finestre del convento,
trascinarono fuori le
monache che urlavano
disperatamente e le
condussero in una piazza
vicina. Qui si era
ammassata una immensa
moltitudine di
popolaccio urlante. Le
monache furono buttate a
terra e furono loro
sollevate sul capo le
scure gonne monacali
ponendo così a nudo quel
che di più sacro esse
potessero avere... E su
questi posteriori votati
all'oscurità perpetua e
ora così in buona vista,
le allegre e feroci "tricoteuses
" parigine armate di
fasci e di verghe e di
strisce di cuoio, fecero
piovere una gradine di
colpi cocenti che
strappavano, alle suore
infelici, strilli acuti
che salivano al cielo.
Frugando nei giornali
dell'epoca si trovano
infinite storie simili a
questa. Il "Courrier del
LXXXIII dèpartements"
dice che il 7 aprile del
1791 si videro in
diversi quartieri,
frustati senza pietà, i
Miramionnes ed altri
birboni. Due giorni più
tardi, il 9 aprile dello
stesso anno, una banda
composta di megere e di
un gran numero di
uomini, alcuni dei quali
erano travestiti da
donna, invase in
conventi di Parigi.
Questi forsennati,
precipitandosi sulle
signore che si erano
ritirate là dentro e
sulle monache che vi
abitavano, si
abbandonarono a scene
addirittura selvagge.
Entrati, si gettarono
sulle infelici, le
spogliarono sulle loro
vesti, e postele ignude,
le oltraggiarono in
maniera innominabile;
poi le frustarono
brutalmente. Neanche le
chiese furono immuni da
quesa sete d'invasione.
Le donne trascinavano
fuori dai templi le
doevote e le religiose
e, strappate loro di
dosso le vesti, le
frustavano con le
verghe. Tre monache di
San Vincenzo de' Paoli
della parrocchia di
Santa Margherita furono
frustate finchè
morirono. Le religiose e
le donne di qualità che
vennero fustigate in
quel lasso di tempo
furono in numero enorme.
Un pamphlet dell'epoca
ha per titolo "lista dei
c..... aristocratici e
costituzionali frustati
ieri dalle donne dei
Mercati e del Sobborgo
S. Antonio" e ne segna
la cifra a più di 300!
Il Municipio intervenne
con un editto che
proibiva di frustare i
refrattari alla corrente
rivoluzionaria, ma non
ottenne alcun effetto.
Invece la provincia
seguì l'esempio della
capitale. A Lione l'8
aprile, i Giacobini
invasero le chiese,
disonorarono le madri e
le figlie e le
fustigarono per le vie
della città. A Nantes
successo lo stesso il
giorno
dell'installazione del
nuovo vescovo
costituzionale. Un
"avviso" inserito su
tutti i giornali
minacciava le vecchie
bigotte di ricevere la
frusta se esse avessero
manifestato del
malcontento riguardo al
nuovo eletto, perchè una
cinquantina di giovani
gagliardi armati di
verghe, erano ben decisi
a "trousser le
cotillon". Durante la
restaurazione le donne e
le giovinette
protestanti del
Mezzogiorno erano
ricercatissime dalle
dame realiste. Costoro
le distendevano a terra
nella via, alzavano loro
le sottane
posteriormente e
applicavano ad esse una
violenta "sculacciatura"
per mezzo di "battitoi"
ai quali aderivano delle
punte di ferro poste in
modo da simulare un
giglio e che lasciavano
impronte
sanguinossissime. Perciò
quegli strumenti si
chiamarono i "battitoi
reali". Infine la
flagellazione e la
bastonatura compaiono
volta a volta nelle
guerre, nelle
dominazioni e nelle
parti del mondo dove
sussista una forma di
schiavitù e di
tirannide. Durante la
guerra franco-prussiana,
quando il 1° marzo i
Tedeschi fecero il loro
ingresso a Parigi, tre
prostitute che
passeggiavano per i
Campi Elisi gettarono
dei baci ai nemici. La
folla si precipitò su di
esse, le spogliò in un
momento e le frustò a
sangue lasciandole morte
nel mezzo al gran viale.
Si parlò di ristabilire
la pena della
bastonatura in Francia a
proposito degli "apaches",
ma lo spirito generoso
dei repubblicani che
appena tollerano la pena
di morte, si oppose
decisamente. In Messico
certi costumi sono
tuttora in vigore. Nel
XXI secolo, insomma, in
varie parti del globo, è
ancora in uso la
bastonatura romana. Non
resta che da esaminare
la flagellazione
religiosa e i supplizi a
scopo settario, quella
erotica e i tormenti
volontari di certi
psicopatici... |